venerdì 7 marzo 2014

Epica e Pallottole 3 - Prima parte



Prosegue la disanima dei primi 400 numeri di Tex Gigante visto come prosecuzione di temi e stilemi propri dell’epica popolare, iniziata QUI e proseguita QUI  e QUI



3. Cantari in piazza e storie attorno al fuoco

Ci siamo lasciati evocando il racconto attorno al fuoco, stilema omerico ma anche scena che ha caratterizzato i racconti di Tex in questa prima fase, nel rarissimo uso del flashback [1].

La dimensione narrativa dell’epica di Tex sembra appunto questa: non l’epica delle corti, ma quella che nasce attorno alle piazze nei giorni di mercato o attorno ai fuochi accesi nelle praterie. Un’epica minore, che spesso si accompagnava a cartelloni illustrati o a marionette che descrivevano al popolino le imprese cantate dal cantastorie: come esempio di combinazione tra parola e immagine (utile per l’immaginazione dello spettatore) possiamo citare ancora i “pupi” siciliani, che hanno come argomento il ciclo carolingio.
Dall’altra parte del mondo troviamo i Kamishabai giapponesi, una narrazione popolare in cui un cantastorie racconta una complessa vicenda descrivendola al pubblico per mezzo di illustrazioni disposte su un grande tabellone.
Il parallelismo con il fumetto, che combina parola e immagine, in quest’ultimo caso non sembra inopportuno.



Tex è un eroe epico, erede di quest’epica minore, proprio perché ne rispetta quasi tutti i canoni. E questo è vero proprio a partire proprio dal pubblico cui si rivolge in prima battuta: un pubblico che cerca il divertimento “leggero”… anche se ciò non implica necessariamente che il pubblico sia poco colto. Semplicemente è un pubblico che non esclude nessuno.
Se enumeriamo i caratteri dell’epica minore [2], vedremo che Tex le ripropone nei suoi primi quattrocento albi… con una sufficiente costanza, almeno; alcuni sono riproposti quasi fedelmente, mentre altri vengono trascurati più o meno del tutto.
Non ci stupisca, ad esempio, non ritrovare il Tex le invocazioni preliminari a Dio e alla Vergine, tipiche dei cantari: non rispondono più a un nostro gusto narrativo, e che anzi sarebbero probabilmente viste come inopportune.

1.      Privilegio dell’intreccio e delle peripezie sulla caratterizzazione dei personaggi

Penso sia difficile contestare questo dato: nelle prime quattrocento storie di Tex la caratterizzazione dei personaggi, sia principali che secondari, appare abbastanza elementare, a tutto vantaggio della narrazione, dell’intreccio [3].
 
Tex è chiaramente identificabile, oltre che per l’aspetto, per le sue azioni, le sue espressioni fin troppo tipiche [4], la prevedibilità delle sue reazioni.

Kit Carson è la “spalla”, e forse era costretto da questo suo ruolo ad essere ancora più schematico del suo pard [5] tant’è che talvolta è stato caratterizzato con i tratti della macchietta (il prototipo del vecchio brontolone, che ha avuto mille incarnazioni tra cui ci piace ricordare quella di Roger Murtaugh nella serie cinematografica “Arma Letale”.
Kit Willer è la copia sbiadita del padre; è figlio non tanto di Tex quanto della convenzione fumettistica dell’adolescente spalla dell’eroe o eroe adolescenziale a sua volta [6] (tanto da comparire sempre più raramente negli albi). Tiger Jack è rimasto ugualmente immutabile per molto tempo [7].
Dati pochi caratteri ripetuti costantemente, non viene mai concesso un approfondimento maggiore dei protagonisti; questa è una impostazione talmente diffusa nella serie che sarebbe superfluo portare esempi significativi: anche perché l’omologazione e la ripetizione per sé stesse appaiono significative nel complesso, non nel singolo caso [8].

L’attenzione nella caratterizzazione è semmai spesso andata a vantaggio di alcuni “cattivi” come Mefisto o la Tigre Nera [9]. Tuttavia , dopo le prime avventure, anche questi personaggi sembrano finire cristallizzati nella sequenza “tentativo di vendetta – piani complicati – cattura di Tex o di uno dei pards – incontro e minaccia allo stesso – condanna del catturato a morte lenta – sconfitta a causa dell’imprevedibile o di Tex rimasto libero”.

Quali le motivazioni di queste scelte?
Possiamo supporre che, esattamente come accadeva nei poemi canterini, il pubblico di Tex al momento della composizione della storia veniva considerato quasi sempre come potenzialmente occasionale. La cosa non stupisca: se lo zoccolo duro di lettori di Tex è fedele, non per questo l’impostazione dà per scontata questa fedeltà.
Ne consegue che, nella realizzazione della sceneggiatura, tutto doveva essere semplice, comprensibile, senza troppi riferimenti a storie precedenti. Ci doveva garantire che qualunque acquirente anche dopo anni di non-lettura di Tex potesse ritrovarsi subito immerso in un’atmosfera conosciuta, con personaggi conosciuti, con situazioni note… in modo da passare un tempo di lettura rilassante. Il tutto senza troppe necessità di approfondimenti e complicazioni, e soprattutto senza doversi scervellare troppo per capire cosa succede dovendo fare appello a episodi passati che poteva aver perso. Anche se sarebbe profondamente ingiusto considerare Tex completamente immobile e identico a sé stesso dal 1948 al 1990, è indubbio che si può leggere una storia di cinquant’anni fa ritrovando lo stesso personaggio, le stesse atmosfere, anche se con un sense o wonder sempre più smaliziato nel passare dei decenni.

Esattamente come chi ascoltava le imprese di Ercole o di Ulisse sapeva che il primo se la sarebbe cavata sempre con la forza e il secondo con l’astuzia; che Orlando avrebbe dovuto lasciare la corte di Carlo Magno per gli intrighi dei Maganzesi; che alla corte di Artù non si pranzava finché non fosse apparsa un’avventura; e che Lancillotto era sempre l’innamorato combattuto tra passione e dovere, Galvano il cavaliere perfetto, Parsifal il cavaliere che si forma, Mordred il malvagio intrigante.

Le variazioni, in Tex come nell’epica, sono minime. Sono cambiamenti di scenario e di motivazioni apparenti, se vogliamo, ma la sostanza resta costantemente simile a sé stessa [10].
Anche le scelte apparentemente “nuove” come il poema eroicomico di Pulci col Morgante Maggiore, o quella dell’Orlando Innamorato di Boiardo, destinate a “Signori e cavallier che ve’ adunati / per odir cose dilettose e nove [11]”, desiderosi di sentire “questa novella […] nota a poca gente, / perché Turpino istesso la nascose [12]”, alla fine rientrano nella norma epica prevista: il Morgante termina con la battaglia di Roncisvalle (argomento cardine di ogni storia su Orlando e i Paladini di Francia), e l’Innamorato, che pure vede nel sentimento il “nuovo” motore primo dell’azione, lo inserisce in avventure belliche e fiabesche che vedono il “tradizionale” confronto tra Cristiani e Mori.

In Tex l’approfondimento psicologico è riservato al passato: il presente è, e deve essere, cristallizzato e fermo.
Tex, come l’epica canterina, permette un accesso immediato del pubblico nella vicenda. Poiché si narrano vicende di archetipi, esse non possono essere troppo elaborate dal punto di vista della caratterizzazione: una eccessiva definizione psicologica del personaggio (del “tipo”, verrebbe da dire) lo renderebbe troppo umano e quindi mutevole nel tempo… e per questa stessa ragione meno archetipico e meno riconoscibile.
Tex è colui che vaga (il ranger errante!) per raddrizzare torti; l’eroe che è sempre dalla parte giusta, infallibile tanto come tiratore quanto nel giudicare gli uomini: Tex non ucciderebbe mai un innocente, neppure per errore.
E ciò limita notevolmente la possibilità di approfondirlo, ad esempio, attraverso il fallimento, pista battuta dai supereroi americani, ma estranea alla mentalità classica e medievale [13].

2.      La predilezione per l’avventura eccezionale e fuor di misura

Come  nei poemi canterini e ciclici, l’avventura di Tex è quasi sempre eccezionale e fuor di misura. Basterebbe considerare quelli che presentiamo come i due punti successivi (quello relativo alle atmosfere meravigliose e quello che tratta del gusto per l’iperbole), per confermare questo aspetto.

Ma possiamo anche portare esempi apparentemente “più normali” e “realistici” che ci danno il senso dell’avventura eccezionale proprio perché apparentemente non sono tanto inverosimili.

Innanzitutto Tex è in grado di far rivivere i momenti epici dell’Iliade (!) ogniqualvolta si trovi in un forte (o una stazione postale) attaccata da un numero spropositato di avversari e mantenuto solo “da un pugno di coraggiosi”… che però sono guidati da quell’immenso stratega della difesa in caso di assedio che è Tex!
Come dimenticare l’epica resistenza degli “eroi di Forte Kinder” che da soli fermano l’esercito indiano della Mano Rossa [14], o l’assedio al Posto n.6 [15], o la disperata difesa della fazenda di Montales [16], o “gli eroi di Devil Pass” [17], o l’assalto degli Apaches al posto di cambio, nella versione texiana di “Ombre Rosse” [18]? O i “due contro cento” assieme a Kit Carson [19]?

E non sono eccezionali le periodiche guerre condotte dall’“Uomo bianco” contro la riserva Navajo che si concludono incredibilmente con scarso spargimento di sangue[20]? O il trasferimento verso terre migliori di intere tribù indiane perseguitate, senza che l’esercito riesca a fermarli [21]?
Le due cose sono sicuramente fuor di misura: le tribù indiane furono spazzate via dall’esercito USA (con l’aiuto della ferrovia, delle malattie, dei coloni…), e la fuga disperata di Capo Giuseppe verso il Canada si risolse in una disastrosa resa.

Anche nel duello, momento eccezionale ed epico, Tex eccelle in tutte le sue diverse e a volte astruse specialità: dalla sfida incruenta per mostrare la propria mira [22], alle varianti del duello Apache con o senza corda [23], al “face-to-face” possibilmente al tramonto [24], alle mani di poker che ricordano i giochi funebri per gli eroi greci [25], alle scazzottate più furibonde, Tex è in grado di vincere sempre, umiliando l’avversario malvagio o usando la sfida come mezzo per stabilire amicizie con buoni ingannati, vincere sospetti, creare gerarchie (al cui vertice c’è, naturalmente, il nostro ranger).
Il tutto affrontato con una calma, una freddezza sovrumana, che è il vero segreto delle sue vittorie [26], e che
lo eleva al di sopra degli uomini comuni.

Come gli eroi epici, Tex è eccessivo in alcuni suoi comportamenti, specie nelle vendette: terribili, brutalmente raffinate a volte, degne di scene della tragedia greca, spesso più psicologiche che fisiche.
Come dimenticare la vendetta sugli uccisori di Lilith, l’amata sposa [27]? O la drammatica scena con cui si conclude la vita di Fraser, il baro rinnegato che aveva fatto sterminare tutti gli abitanti di Goldeena [28], lasciato solo a scegliere tra un suicidio o la morte per opera dei lupi?
È in questi casi che Tex assume il ruolo di predestinato, quasi una sorta di Angelo della Vendetta, di seminatore di morte, umano eppure sovrumano, inviato da una Giustizia superiore, l’uomo delle profezie [29] cui anche il superamento del limite della barbarie è giustificato grazie all’investitura divina: un ruolo degno dei paladini dei cicli epici.

3.      La predilezione per le atmosfere meravigliose o fiabesche, l’ambientazione esotica e fastosa

Una delle caratteristiche dei poemi canterini, dell’epica “popolare” era quella della “predilezione per l’avventura eccezionale e fuor di misura, le atmosfere meravigliose e fiabesche, l’ambientazione esotica… il gusto per l’iperbole” [30].
Lettori più attenti ed esperti di me, o conoscitori della letteratura popolare del XIX e XX secolo potranno trovare delle anticipazioni degli scenari fantastici texiani ben più recenti dei testi medievali, ma lo scopo di questa sezione non è quella di trovare primogeniture o originalità: qui si vuole mettere in evidenza la persistenza in Tex di uno modo di raccontare, di una scelta di ambientazione; che questa scelta sia stata comune ad altre opere relativamente precedenti o contemporanee mi pare ininfluente al fine dell’analisi che qui si vuole fare.

Se si leggono i primi vent’anni di Tex, si scopre che l’eccezionale è sempre dietro l’angolo di un canyon nascosto: di questo ne parlerò in un articolo specifico di questa raccolta [31].

Qui si può già anticipare che il West soprattutto di G.L. Bonelli è una frontiera sia dell’insediamento della “civiltà” che del reale: maghi [32], streghe [33], puma giganti [34], razze perdute [35], città spagnole dimenticate [36], città nascoste in vulcani spenti [37], svariate valli perdute in cui vivono popoli dimenticati che nascondono favolosi tesori [38], nulla manca nel West bonelliano!

E quando il West non è abbastanza grande, ecco apparire altri scenari fiabeschi ed esotici: oltre alle “valli perdute” di cui abbiamo accennato (ma sono molte di più di quelle elencate), c’è il “viaggio al centro della terra” che porta alla scoperta di dinosauri sopravvissuti all’estinzione [39], o la traversata che porta i pards fino alle isole del Pacifico [40], o l’esplorazione della giungla centroamericana [41], o le tante visite a una New Orleans vista nei suoi aspetti più decadenti e sensuali, tra tesori di pirati e donne belle quanto letali [42]

O un Messico in cui si uniscono il fascino pericoloso delle sue antiche civiltà [43], di orrendi licantropi [44], di mummie viventi [45] e degli arcani misteri di un Egitto nel Nuovo Mondo [46]. O le pericolose Antille in cui si possono incontrare dinosauri [47]. O l’Oregon in cui indiani non civilizzati convivono con creature selvagge [48]. O il Canada sterminato in cui si possono incontrare perfino dei vichinghi [49]. O l’Alaska dove tra i cercatori d’oro si possono nascondere anche dei principi russi in esilio [50]. O una Texas City o una San Francisco, nei sotterranei della quale vive un mondo parallelo fatto da torme di cinesi dominati dalle spietate mani dei vari “draghi neri” [51]. O le paludi di Florida, della Louisiana e Texas, dove si nascondono adepti del Voodoo [52], uomini-coccodrillo [53], Thugs [54]. O città in cui un principe malese, incrocio tra Sandokan e il Capitano Nemo, sogna di vendicarsi dell’uomo bianco [55].

O un’aliena Washington, in cui le regole “normali” del West non valgono, ma dominano l’intrigo e perfino straordinari killer [56]: dal punto di vista dei cowboy narratori attorno al fuoco delle immense praterie, la città, in fondo, era l’ambiente più esotico che si potesse incontrare.




[1] Si vedano storie come “Il passato di Tex” (Tex Gigante 83-84) o la prima parte de“Il Giuramento” (Tex  Gigante 104-106). Altre volte la funzione del “racconto attorno al fuoco” viene svolta da bevute al saloon (Tex Gigante 114-116, la ri-narrazione della Guerra di Secessione secondo Tex) o da chiacchierate durante lunghi viaggi in treno (Tex Gigante dal 297-299, “Fiamme di guerra” in cui si racconta un episodio della Guerra di Secessione cronologicamente successivo a quello narrato nel numero 114), fino al passato di Tiger (Tex nn. 384-386). L’altro grande flashback è quello che compare in Tex Gigante 126 (con un diabolico narratore!) per cui si veda oltre; in Tex 162 (“Il Ritorno di Yama”) c’è un’appellazione diretta al lettore e poi uno dei veri, rarissimi flashback della serie, ma la funzione di narratore è affidata alle didascalie iniziali; Tex Gigante 265 (“L’Ombra di Mefisto”) contiene lo stesso artificio narrativo del numero 162.


[2] Per i caratteri dell’epica popolare e dei poemi canterini, mi rifaccio a S. Gugliemino – H. Grosser, Il Sistema Letterario, Milano, Principato, 1989, vol. I pagg. 114-20 (cap. 8) e vol. II pagg. 125-132, cap. 7.3. Si noti che quelle stesse pagine comprendono anche le trattazioni del Morgante Maggiore di L. Pulci e dell’Orlando Innamorato di M.M. Boiardo, intesi come “esiti diversi di uno stesso processo. […] L’Orlando Innamorato è l’esito serio del processo di assunzione dell’epica medievale e della tradizione canterina nella cultura umanistico-rinascimentale e nella letteratura ufficiale, mentre il Morgante ne rappresenta l’esito comico.”


[3] Anche Diabolik, di cui abbiamo accennato, aveva inizialmente storie estremamente ripetitive; sia il protagonista che i personaggi più importanti hanno avuto una psicologia talmente consolidata da essere pressoché statici ed immutabili da decenni. L’evoluzione e l’aggiornamento dei personaggi, come per Tex, è avvenuto dopo una lunga storia editoriale alle spalle, nel tentativo di rinnovare il personaggio pur nella continuità.

[4] Rimando la trattazione più estesa di questo aspetto al punto 6)

[5] In effetti l’unico tentativo serio di approfondimento del personaggio Carson è stato fatto negli albi nn. 407-409, dove si racconta il suo passato “pre-Tex”.


[6] Dobbiamo ricordare i sidekick dei supereroi americani dell’età classica, da Robin a Speedy a Kid Flash a Bucky? La vicenda dei “bambini\ragazzi-eroi” con cui i giovani lettori potevano identificarsi si muove da Terry (Terry and the Pirates dal 1934), fino a Cino e Franco (Tim Tyler’s luck, 1928), a Capitan Marvel della Fawcett (1940 - non dimentichiamo che si tratta di un bambino che si trasforma), ai nostrani Capitan Miki (1951), Il Piccolo Sceriffo (1948), Un ragazzo nel Far West (1958), Il Piccolo Ranger (1958). La figura del sidekick o del suo prototipo è inesistente nei poemi epici classici e medievali, poiché l’infanzia e l’adolescenza furono “sccoperte” (anche come pubblico) a metà dell’800 (vedi QUI per alcune sommarie e preliminari indicazioni di base sull’ “invenzione” dell’adolescenza). Ne consegue che i ragazzi che si inseriscono nelle leggende epiche sono moderne creazioni: dal Semola de “La spada nella Roccia” (1938 il romanzo, 1963 il film) al Percy Jackson (2005). Quando fu concepita la saga manga di Entaku no Kishi Monogatari Moero Asa – La spada di King Arthur (Toei Animation 1979) dal quinto episodio si introduce il personaggio del “piccolo coraggioso Guerrehet” per ovviare a questa mancanza; è superfluo ricordare che Guerrehet\Gaheris\Gareth “dalle Belle Mani” nel Ciclo Brettone è il fratello minore di Galvano, ma seppur giovane non è di certo un ragazzino, ma già un guerriero.

[7] E’ da dire che il guerriero Navajo è quello che ha avuto un’evoluzione maggiore nel corso dei primi quattrocento numeri della serie. Nasce come indiano stereotipo, che “parla poco e agisce molto” nelle prime apparizioni (da Tex Gigante 8), in cui il “parlare poco” spesso si esplicita in un semplice “Ugh!”. Col tempo si trasforma in un pard “alla pari”, fino ad avere anche lui il suo spazio riservato nella narrazione delle sue avventure prima di conoscere Tex (Tex nn. 384-386). Carson ha le caratteristiche del brontolone in nuce fin dalle sue origini; Kit Willer ha avuto uno spazio notevole tra il numero 12 e (più o meno) il numero 30. Poi l’estrema somiglianza con il padre rende la sua figura piuttosto “ingombrante” narrativamente.


[8] Si potrebbe però fare una catalogazione con funzioni sul modello di ciò che Vladimir Propp aveva fatto con le fiabe: tradimento, indiani minacciati, colpo impossibile, duello… Ho accarezzato questa idea per anni, ma realizzarla nella pratica sarebbe un lavoro immane, e sicuramente al di là degli scopi di questi post.

Per l’opera di Propp sulle fiabe di magia si veda il volume “La Morfologia della Fiaba” (Leningrado 1928) di cui si può avere un assaggio visitando questa pagina.


[9] La gran massa degli antagonisti di Tex ha motivazioni abbastanza superficiali che gravitano quasi sempre attorno alla prevaricazione fine a sé stessa, all’avidità, alla brama di potere o di vendetta. Oltre ai due che stanno per essere citati nell’articolo, hanno uno spessore psicologico maggiore e motivazioni più articolate i personaggi di El Muerto (Tex Gigante 190-191) e Lucero (Tex Gigante 151-154 ). E’ il caso di ricordare che El Muerto è una creazione di Sergio Bonelli\Guido Nolitta, mentre Lucero lo è del padre Gianluigi.


[10] Questa caratteristica ripetitività dell’epica popolare si ritrova anche in opere come Dragonball o Ken il Guerriero, che ne imitano gli stilemi per raggiungere gli stessi effetti (e una ricaduta commerciale).


[11] Orlando Innamorato, Libro I, Canto I, 1 vv.1-2


[12] Orlando Innamorato, Libro I, Canto I, 3 vv.1-2


[13] L’ira di Achille non nasce da un “errore” di Agamennone; così come Orlando a Roncisvalle è dispiaciuto per la morte di “tanti nobili cavalieri”, ma non della sua scelta di non richiamare in tempo Carlo Magno.


[14] Tex Gigante nn. 10-11.


[15] Tex n. 27.


[16] Tex nn. 137-139.


[17] Tex nn. 233-236.


[18] Tex nn. 338-340.


[19] Tex n. 8.


[20] La bellissima saga di “Sangue Navajo” (Tex Gigante nn. 51-53) e’ stata poi imitata ad esempio in Tex n. 91.


[21] Tex nn. 302-305.

[22] Vedi oltre la sezione dedicata alle iperboli.


[23] Ad esempio Tex n. 8 e 236.


[24] I duelli più mitici sono certamente quelli del n. 99 (l’unica sconfitta di Tex) e del n. 191 contro El Muerto.


[25] Ad esempio Tex nn. 151 e 409. Naturalmente i giochi funebri appaiono ben diversi dal poker, ma il punto di contatto è quello che vede l’emergere dell’eroe come superiore agli altri anche in un momento apparentemente ludico, che invece diventa un confronto epico.


[26] Vedi ad esempio Tex n. 191, in cui batte El Muerto proprio grazie a questa freddezza.


[27] Tex nn. 103-106.


[28] Tex nn. 108-109. È da ricordare che questa sceneggiatura è tratta dal romanzo “Il Massacro di Goldeena” scritto da G.L. Bonelli nel 1956 e ristampato dalla Sergio Bonelli Editore nel 2008.


[29] Vedi ad esempio il ruolo di Tex e dei suoi sei pards (oltre a Carson, Kit e Tiger Jack nell’avventura ci sono anche Jim Brandon, Pat MacRyan e Gros-Jean) in Tex n. 100, ma anche il suo aiuto a El Morisco, altro uomo delle profezie in Tex nn. 228-229.


[30] Guglielmino-Grosser, op. cit. vol. II, pag. 125.


[31] Vedi l’articolo Il Ranger dell’Impossibile che verrà pubblicato qui in coda a questi post.


[32] Naturalmente Mefisto, in Tex nn. 39-40, 78-80, 93-95 e 501-504; ma anche suo figlio Yama in Tex nn. 125-128, 162-164 e 265-268.


[33] La bellissima Mah-sai in Tex n. 47, ma anche l’“orrenda megera” Zhenda in Tex nn. 70-72 e 347-349.


[34] Le creature del folle Dottor Vindex in Tex nn. 34-35.


[35] Gli Hualpai da Tex n. 39; i Sinaguas al servizio di Zhenda in Tex nn. 347-349.


[36] Tex nn. 43-44


[37] Tex n. 15


[38] La stessa avventura iniziale di Tex n. 1 si svolge alla ricerca di un favoloso tesoro, e la ricerca di un tesoro porta Tex alla Sfinge di Pietra sede degli antichi Yopi in Tex n. 26.


[39] Ancora Tex nn. 47-48. Il modello è chiaramente il Viaggio al centro della Terra di Jules Verne (1864).


[40] Tex nn. 155-158.


[41] Tex nn. 250-254.

[42] A solo titolo di esempio vedi Tex nn. 72-73 e nn. 230-232


[43] Tex nn. 101-103 e Tex nn. 162-164


[44] Tex nn.135-137.


[45] Tex nn.49-51.


[46] Tex nn.228-229.


[47] Tex nn.253-254 del novembre-dicembre 1981. Il punto di partenza non è quindi Jurassic Park (romanzo 1990 e film 1993) ma l’atmosfera legata a romanzi come Il mondo perduto (Arthur Conan Doyle, 1912) e il già citato Viaggio al Centro della Terra.


[48] Tex nn. 239-240.

[49] Tex nn.239-240.


[50] Tex nn. 75-76.


[51] Tex nn. 46-47, 109-113, 155-156, 171-175. Il tutto nel puro stile dei feuilleton derivati da “I Misteri di Parigi” di E. Sue.


[52] Tex nn. 93-95


[53] Tex nn. 330-333


[54] Tex nn. 312-314.


[55] Tex nn. 381-384.

[56] Si vedano i falchi assassini di Tex nn. 324-326.

PS: le immagini sono per lo più copyright Sergio Bonelli Editore o tratte dal web. Comunque non mi appartengono e qui compaiono a corredo dell'analisi. Questo blog non ha fini di lucro.

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