giovedì 27 febbraio 2014

Epica e pallottole 2 - Epici Cavalieri e Ranger delle Praterie

Questo post prosegue il discorso sull'Epica in Tex iniziato QUI (introduzione generale) e proseguito QUI con la prima parte di questa sezione

2. Epici cavalieri e ranger delle praterie

Ebbene, gentili lettori: leggete non Chrètien de Troyes, ma l’Espagne; leggete i poemi canterini e non l’Orlando Furioso.
L'entrata in Spagna dei Paladini
Se farete questo, vi troverete immersi e impelagati in decine di scontri senza apparente senso. A meno di non accettare che il senso profondo sua quello del meraviglioso, del vedere l’eroe in lotta contro sempre nuovi nemici, sempre uguali dietro nomi diversi, sempre in soccorso dei deboli contro i malvagi, a prescindere da quale colore, religione, rango o epoca appartengano gli uni e gli altri. E trovare il piacere dell'eroe che vince, e subito si lancia in un'avventura molto simile a questa.
Leggete La morte Darthur di Malory, o anche L'Orlando Innamorato di Boiardo: scoprirete quante fanciulle sono in pericolo dentro un castello destinate al matriomonio non voluto con un fellone; quanti ponti guardati possono essere attraversati solo dopo aver vinto il guardiani; quante città sotto un lago o in un labirinto; quante dame sono di bellezza incomparabile...
L’epica si nutre di vette artistiche, che a ben vedere sono la punta di un vasto iceberg sommerso di produzione popolare. E il nocciolo di questa produzione “minore” è la ripresa dello spunto e dell’essenza per variare il tema, senza alcuna mutazione sostanziale.

Ho scritto (è stato scritto da tanti) che Tex ha spesso seguito questo stesso procedimento ripetitivo. Tex è dunque l’epica dei nostri giorni?
Lo è, a mio giudizio.
O almeno: di sicuro lo è stato, perché si inserisce nel filone di un genere nato come Epica del '900 (il Western) e ne ha colto e raccolto l’essenza mitica. E in più ha usato per i suoi fini narrativi lo strumento che per eccellenza, assieme al cinema, ha rappresentato l’Epica del XX° secolo… ovvero il fumetto.

Quanti messaggi epici sono passati attraverso il fumetto?
Propaganda bellica, ottimismo e sogno americano, vasti spazi (non solo terrestri), esseri con poteri meravigliosi in grado di compiere imprese sovrumane e di incarnare i sogni…

Il fumetto, per la sua praticità, per la sua comodità e semplicità di produzione, per la sua intrinseca capacità di essere fruito più e più volte [1], per la sua intima economicità, è stato spesso il veicolo solo apparentemente minore di idee, impressioni e alti valori semplificati (e semplificanti) che sono propri dell’Epica.
Se il cinema garantiva quella condivisione, quella fruizione collettiva che la lettura del fumetto non permette [2], è però vero che il fumetto più che il cinema si presta alla possibilità di soffermarsi, di rileggere, di ripetere il piacere della visione. Di muovere la fantasia garantendo alla fruizione un tempo proprio di ciascun fruitore, non un tempo imposto dal regista o dall’operatore di macchina [3].
E, rispetto al cinema, permette una riproduzione autonoma estremamente più semplice ed economica.

Permettemi una valutazione che potrà sembrare semplificante: i personaggi del fumetto - proprio i più semplici, almeno - sono eterni. Il motivo è semplice: sono archetipi epici.

Superman è un personaggio superato? Achille lo è?
No, nessuno dei due, perché sono l'incarnazione dell'eroe eterno [4]. Possono esserci storie brutte e buone storie, ma la validità dell’essenza del personaggio non cambia. Superman esce ogni mese, talvolta lo ha fatto con indegnità quasi senza limite... eppure chi non vorrebbe scrivere la storia definitiva su Superman [5]? Esattamente come chiunque voleva aggiungere la sua su Orlando, o su Ulisse all’epoca in cui erano LORO gli eroi popolari…
Ne consegue che neppure Tex, eroe archetipico di un West archetipico, lo può essere.
A patto, ovviamente, di mantenere i suoi caratteri originari. Ma di questo ne parleremo più avanti.

Chi potrebbe fare la storia definitiva su Tex?
Nessuno, penso. Perché nessuno può dire la parola “fine” su un mito, nessuno ha l’autorevolezza (ed il diritto) necessario per cambiarlo [6].
Tex è ripetitivo perché non potrebbe cambiare senza cessare di essere sé stesso. Per i miti l’alternativa è solo tra “essere e non essere”: a loro non è consentito “essere altro”, se non assai limitatamente.
E, in realtà, solo apparentemente.

Supes non può non essere straordinariamente forte: si può fare il divertente giochino di togliergli o ridurgli i poteri, ma la sua essenza è di averli, non di essere un uomo. Di spostare pianeti, non di stancarsi nel farlo.
Clark Kent non è epico, il suo rifiuto di usare i poteri è un sotterfugio per far identificare il lettore. Questo rifiuto non è l’ira di Achille, poiché l’enorme distanza tra l’eroe e l’uomo esiste anche nella sdegnosa rinuncia del Pelide, mentre Superman sembra inconsciamente desiderare di identificarsi con chi protegge, alla ricerca di una normalità impossibile [7].
Achille uccide Pentesilea

Allo stesso modo Tex. Si potrebbe addirittura fare una storia in cui sbaglia (eresia!), ma deve essere solo un episodio e non deve essere un errore decisivo, che coinvolga innocenti: dare come presupposto delle storie il fatto che sia irrimediabilmente minata la certezza di Tex nelle sue azioni, é scrivere storie di un casuale omonimo, non del nostro ranger.

Personaggi della stessa casa editrice come ad esempio Dampyr o Nathan Never o i recenti Orfani nascono subito come personaggi in mutamento, perché non saranno mai miti [8]. Non sono nati per esserlo, né ci possono riuscire con il tempo: non sono arrivati a un livello di profonda semplificazione tale da esserlo. Sono sfaccettati, ambigui, fallibili. Sono VEROSIMILI. Sono eroi dei nostri tempi ma non di tutti i tempi. Umani. Possono narrarci storie più vicine a noi, ma non possono essere esempi atemporali.

A questo punto uno dei miei 18 follower potrebbe contestare che non è compito di uno sceneggiatore di una casa editrice popolare indicare esempi…
La risposta non può che essere: “E perché no?”
Omero è stato il cardine della cultura greca, perfino nelle democrazie così lontane dai superbi re/eroi achei. Lo spettacolo dei “pupi” siciliani, che ha come protagonisti i paladini di Carlo Magno non è certo esclusivo delle classi alte, ma anzi er rivolto a un pubblico culturalmente modesto… E per essere (apparentemente) irriverenti, la televisione ha fornito alla cosiddetta “Goldrake generation” valori epici ed etici (l’abnegazione, la sofferenza e il sacrificio per gli altri, il coraggio di esporsi e di impegnarsi per una salvezza non tanto propria quanto degli altri) attraverso degli eroi popolari e ripetitivi, con una psicologia semplice, azioni-tipo ricorrenti e così via.

L’Epica “per il popolo” mira all’identificazione del fruitore con l’eroe. Ma si tratta di una identificazione non per verosimiglianza e abbassamento (l'eroe è simile all'uomo comune) ma per aspirazione e innalzamento (l'uomo comune sogna di essere come l'eroe).
Questo processo di identificazione spesso genera nel fruitore\lettore\ascoltatore\spettatore la creazionefanfic è solo l'ultima versione digitale di un'esigenza creativa che ha attraversato il tempo.
Orlando infuria sul campo di battaglia
autonoma di storie che hanno come protagonisti gli eroi di cui si sono viste o udite le imprese, con variazioni minime (negli elementi costitutivi) eppure infinite (nell’aspetto più superficiale). La
Questa creazione apocrifa è frequente nei bambini, meno carichi di esigenze di realismo e più disponibili a quella sospensione dell’incredulità che è richiesta dall’Epica. I ragazzi e gli adulti diventano progressivamente più restii (o più pigri o più timidi) nei confronti della creazione autonoma per imitazione, accettando al contrario, spesso supinamente, la ripetizione “autorizzata” da parte degli autori [9].

Vi dirò che neppure io, nella mia giovinezza, ho resistito alla tentazione di scrivere la storia definitiva su Tex. Un bel Western crepuscolare, magari sottolineando l’esigenza di giustizia con una bella vendetta finalmente necessaria (che so: in seguito all’uccisione di Carson!), un Tex che scompare come Kenshiro [10] nel sole nascente o morente, alla ricerca di criminali “finché avrò fiato in corpo e una pallottola nella mia colt”…

O Tex chiuso in un gioiello, destinato per l’eternità a impedire a Mefisto di portare il male sulla Terra [11].

Ma non sarebbe stata la storia definitiva: sarebbe stata solo un’ennesima versione delle leggende che i cowboys e gli indiani narrano a volte intorno al fuoco quando un coyote in lontananza ulula…
Aggiunte alla leggenda, appunto, ma necessarie per renderla viva, come l'Epica richiede.


[1] a differenza del cinema prima dell’avvento delle VHS, il fumetto era, assieme a poche stampe d'arte, il modo per assistere a opere visive a basso prezzo. Da qui la sua espansione verso lidi meno epici ma altrettanto popolari, come il fumetto erotico, il porno (dalle Tijuana Bibles al Tromba), l'horror (l'EC Comics e la Warren). L'avvento dei sistemi di riproduzione video ha modificato questo quadro, Internet lo ha rivoluzionato.

[2] Condivisione e partecipazione dell’ascolto/visione che invece erano propri dell’Epica antica. Solo per fare un esempio, possiamo ricordare l’episodio in cui Odisseo giunge al banchetto nella reggia di Alcinoo: l’aedo Demodoco canta davanti a tutti i presenti i fatti della guerra di Troia, finita da dieci anni.
Difficilmente la lettura dello stesso albo a fumetti (inteso come singolo fascicolo cartaceo, non la stessa storia) può essere condivisa da più di due, tre, massimo quattro persone per volta: la separazione fisica della fruizione cambia notevolmente la percezione e la fruizione stessa del messaggio.

[3] si veda il mio articolo comparso su Conversazioni sul Fumetto a QUESTO indirizzo e a QUESTO, prossimamente rivisti e ripubblicati su questo blog.

[4] riprendo il concetto di “Campione eterno” sviluppata da Michael Moorcock in diverse saghe per lo più fantasy, come quella di Elric di Melnibonè.

Un'illustrazione per i poemi canterini
[5] In questo senso, Superman ha avuto la fortuna di un eccezionale cantore della sua morte:
Sto invece parlando del Bardo di Northampton, l'unico e solo Alan Moore, l'uomo che ha fatto della sua profonda conoscenza del fumetto e della letteratura in senso lato il suo marchio di fabbrica. Dall’alto della sua auctoritas di osannato scrittore, Moore ha scritto la vera morte di Superman in Cosa è successo all’Uomo di Domani?. Qui, utilizzando tutti gli stilemi più classici e retro’ del Kryptoniano ha dato alla saga una fine tutto sommato prevedibile e “giusta”, senza per questo impedire storie PRECEDENTI a questo avvenimento nella cronologia immaginaria di Supes… nel puro stile dell’epica. Come tocco in più, la storia è disegnata da Curt Swan: il tratto di questo autore aveva caratterizzato il Superman ingenuo degli anni ’60 e ‘70, l’ultimo epico prima dell’avvento dei supereroi problematici e “umani”.
Non dimentichiamo che l'episodio di Moore e Swan si collocava nel contesto della transizione tra l'universo pre-Crisis e post-Crisis: l'intera saga di Crisis on the infinite Earths era un canto di morte. Un Epico canto di morte.
La predilezione di Moore per delineare l'episodio conclusivo di una saga, della consapevolezza della necessità della “morte” (in senso lato) dell'eroe, si può trovare nell'abortito progetto The twilight of Super-Heroes che è reperibile in rete. Alla luce di recenti fenomeni editoriali, ci tengo a sottolineare che no, Superman e il resto degli eroi DC non diventavano vampiri!

[6] L’unico ad avere un’autorità simile su Tex era G.L. Bonelli non in quanto ideatore, ma in quanto il maggior interprete del suo stesso personaggio. Questa identità non é sempre così automatica come sembrerebbe facile credere: la reinterpretazione di Batman come psicopatico fatta da Frank Miller in The Dark Knight Returns é oggi più condizionante per i posteri di quella data dallo stesso Bob Kane, il creatore dell’uomo-pipistrello, e non solo perché Miller é più vicino ai nostri gusti.
La scomparsa del Grande Vecchio ha lasciato l’eredità della scrittura a Claudio Nizzi e in seguito a Mauro Boselli: ma non sembra rimasto lo stesso piglio epico e, di conseguenza, la stessa autorevolezza nell’imporre anche al lettore le decisioni dell'autore e le svolte narrative.

[7] Che il divenire definitivamente Clark Kent sia la fine dell’epica di Superman è stato ben intuito, come detto, da Alan Moore: nella sua meravigliosa Cosa è successo all’omo di Domani l’autore di Nothampton descrive la MORTE del personaggio eroico, in uno scontro epico; il fatto che l’essenza mentale sopravviva nella forma di Clark Kent, non nega che Superman sia morto e che se quella storia viene presa come termine ultimo, egli non possa resuscitare, salvo escamotages di recupero di poteri che inficerebbero il valore della storia stessa... come accaduto nella saga La Morte di Superman di Dan Jurgens e Louise Jones\Simonson. Questo era un classico tentativo di restituire una patina epica al personaggio per fini commerciali, strombazzandone la morte, salvo poi rivelare che proprio morte non era, negando così ogni epicità alla narrazione. Vi rinvio a questo mio post sull'argomento.
Nell’altra grande storia di Moore su Superman, Per l’uomo che ha tutto, scopriamo che il sogno più nascosto del supereroe è quello di vivere una vita ordinaria e senza poteri su Krypton non distrutto… ma Superman si sveglia, perché sa che quella NON PUÒ ESSERE la sua realtà. Insomma: un Clark Kent realistico e davvero umano non è Superman, né potrebbe esserlo.
Questa verità è stata contestata da John Byrne, l'autore a cui si deve il reboot del Superman post-Crisis. Lo scrittore\disegnatore canadese fa dire a Lex Luthor in Man of Steel n.6: “Un uomo con il potere di Superman non può fingere di essere un comune terrestre! Quel potere dev’essere sfruttato continuamente… deve essere usato!!!”.
John Byrne usa questa frase per ironizzare sull’intelligentissimo Luthor che non riesce ad accorgersi dell’identità segreta di Superman. Ma è pur vero che mostra un Luthor “romantico”, in grado di vedere solo la dimensione epica del suo avversario, e non quella brutalmente logica e banale del razionalismo di un computer... o di un marketing che chiedeva un eroe “più al passo con i tempi”.
Comunque, sia dalla DC che dalla sua rivale storica, la Marvel, viene continuamente ripetuto che a fare l’eroe non sia il superpotere, ma la volontà, il coraggio, la scelta; implicitamente viene sottinteso che anche i lettori possano essere eroi, i veri eroi (vedi a tal proposito i vari albi dedicati all’11 settembre 2001).
E' superfluo aggiungere che da un punto di vista epico l’uomo comune è abissalmente, costituzionalmente inferiore all’eroe. Il lamento di Achille morto nella Nekyia (Canto XI dell’Odissea: meglio essere servo e godere del sole che essere morto) non inganni: esso è dovuto più alla concezione della crudeltà della morte nell’autore del poema che a una reinterpretazione del personaggio; messo di fronte alla scelta se avere una vita lunga e oscura o una vita breve ma gloriosa, Achille scelse da eroe la seconda, e non poteva scegliere diversamente, perché il Pelide era un eroe PRIMA ANCORA di compiere azioni eroiche.

[8] La parola non viene qui usata, naturalmente, nel senso comune e familiare del termine, ma nella sua accezione letterale e tecnica.

[9] Sarebbe interessante un'analisi sociologica e pedagogica sull'immedesimazione cosciente data dai videogames, considerati a lungo i “nemici” del fumetto (dopo la televisione) perché riguardavano spesso la stessa sfera di pubblico. Mi spiego: quanti ragazzi “giocano” a impersonare i videogames, al “facciamo finta che io sono X e tu Y”, così come si faceva un tempo con gli eroi dei cartoni o dei fumetti? Stiamo prescindendo da situazioni volutamente formalizzate (il cosplay e il Gioco Di Ruolo, dove la distanza tra interprete e interpretato è chiara) o al limite e oltre il limite del disturbo (l'incapacità di distinguere la realtà dalla fantasia).
Qui non c'è lo spazio (e soprattutto mancano le conoscenze disciplinari specifiche) per approfondire.

[10] Altro personaggio intrinsecamente epico, per le sue lotte familiari in difesa dei più deboli, la sua abnegazione, la sua infallibilità, la sua capacità di combattimento superiore a quella degli altri esseri, le sue lotte contro mostri e giganti a difesa dei più deboli.


[11] Si veda l’ultimo di questa serie di articoli: Le Morte Tex e la leggenda

Ps: gran parte delle immagini appartiene alla Sergio Bonelli Editore o alla DC Comics e ai loro autori; le altre sono tratte dal web: non mi appartengono in alcun modo, e qui sono a corredo dell'analisi. Questo blog non ha fini di lucro.

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