domenica 30 settembre 2012

Una donna per cui uccidere, una donna per cui morire.


Altro recupero di una recensione scritta anni fa. Quando il prezzo da pagare per una storia che ti faceva identificare nel protagonista era ancora in lacrime e lire. 
Da poco è riapparsa sul gruppo Comics Stripped, ma quello è un gruppo, e i dolori, come gli amori, come i figli, come gli articoli, sono individuali. 
Così, eccolo anche qui, con solo minime modifiche.
NB: all'epoca mi firmavo Sardusfox. Tante cose sono cambiate. Ma il buon fumetto rischia sempre di parlare di te.

Ancora Frank Miller. Ancora Sin City
Ancora la città dove il peccato è di casa, dove tutto è tormentato. Dove domina il bianco e nero, perché è un mondo di forti contrasti. Anzi, forse non c’è contrasto. C’è solo il nero, il marcio. 
Dove i sentimenti più puri non esistono, o se esistono scivolano per una forza invincibile verso la corruzione, la dissoluzione, la morte.

Per chi sta a Sin City la redenzione sta nel sogno, nella speranza, ma molto più spesso nel rimpianto di qualcosa che si pensa perduto, senza accorgersi, senza accettare che non è mai esistito. 

Una donna per cui uccidere è il sogno dell’amore, come può sognarlo solo un abitante di Sin City.

Ecco Dwight, oggi «Il santo» per la sua disperata voglia di essere diverso, di uscirne, di salvarsi. Un uomo come me, come te. 
Un amore, uno solo: Ava. 
Una donna stupenda, ammaliante non solo per il suo fisico mozzafiato, ma per il suo riuscire ad essere tutto, tutto ciò che desideri, tutto ciò che avresti mai potuto desiderare. Una donna che è tutto ciò che hai sognato, che ti ha lasciato per il solito «qualcosa di meglio». 
Che ti lascia senza un vero perché: perché lei per te era tutto, e non puoi accettare, anche se lo pensi, anche se lo hai sempre saputo, che per lei potesse esserci «qualcosa di meglio». Meglio di te.

E dopo tanto tempo non riesci a dimenticarla, e lei ripiomba nella tua vita, quando non avresti mai più voluto (sperato?) rivederla: perché ti manca come l’aria, ma non puoi permetterti di ammetterlo con te stesso. Perché se lei è l’aria, tu sei stato in una camera a gas per tutti questi lunghi anni, e non vuoi respirare di nuovo, solo per soffocare di nuovo un attimo dopo. 
Non vuoi ricordare che esiste anche il paradiso che hai perso, non vuoi sapere che l’inferno che vivi, al quale pensavi di poterti rassegnare, non è l’unica possibilità.

Eccola. 
E fuggi. Ma lei ha bisogno di te, disperatamente. 
Lei ti dice che questi anni non sono passati, che i ricordi possono sconfiggere la morte, che tu puoi tornare non solo a vivere, ma ad essere felice. Che allora era stata lei, a sbagliare. Te lo dice dopo che tu hai passato notti insonni ad arrovellarti su dove avevi fallito, su cosa avevi fatto per perderla (non lei, lei era perfetta, tu hai sbagliato…). 
Tu fuggi perché non vuoi sognare ancora e poi risvegliarti solo nel letto.

Ma i tuoi tentativi sono inutili. Tutto è inutile. 
Quando sei solo… Ma sei mai stato davvero solo? Lei era sempre accanto a te come un fantasma, e quando abbassi la guardia, all’improvviso…

«Il giorno dopo, fila tutto liscio. Mi distraggo un po’. Pago l’affitto, e faccio incrociare i pneumatici. Mi sparo tre film. Faccio di tutto per non pensare ad Ava.
«Poi cala la notte, e perdo ogni via di scampo. Non ho niente da fare. Non ho nessuno a cui rompere le palle. Tento di leggere un po’, ma mollo il colpo subito. 
«Poi me ne vado a cuccia, chiudo gli occhi. E faccio una lista di tutti i motivi per cui dovrei sbattermene le scatole di Ava. Non funziona. Mi vengono in mente solo le cose sbagliate. 
«Mi ha spezzato il cuore, e ha buttato via i cocci come se stesse svuotando un posacenere. Ma credete che stia pensando a questo? No! Continuo a pensare al suo sguardo, la volta che le ho raccontato di mio padre. C’eravamo fatti una canna e non riuscivamo a smettere di ridere. Ad un certo punto, nel cuore della notte, lei comincia a piangere, e pur di farla smettere me la stringo al petto fino all’alba.
«Ricordo il fuoco che aveva dentro. Il turgore morbido e caldo dei suoi seni. Il gusto della sua saliva. 
«Ava.»

E poi cedi, perché non puoi (non vuoi) non cedere. 
«Le dico tutto quello che avevo giurato di non dirle mai più. Sono suo. Anima e corpo… Stavolta non tento di soffocare gli odori… o i ricordi. Me li bevo come nettare, sperando che mi aiutino a tornare massiccio, incazzato e sicuro di me».
Questo è l’amore, a Sin City. Un anelito di purezza, di interezza, di speranza. L’eternità felice contro una squallida quotidianità. 
La speranza di redenzione.

Ma a Sin City, come nella vita, non sempre il treno dell’amore che prendiamo è quello giusto, spesso, troppo spesso, non porta dove vorremmo. L’amore a volte è tradimento, dolore, angoscia. Lo è spesso, troppo spesso.

E allora forse non esiste una donna per la quale valga la pena uccidere, per la quale valga la pena morire. Ma sempre si può, e si deve, essere pronti a uccidere e a morire per amore. Anche se l’oggetto del nostro amore deve morire, perché noi possiamo amare.

Sardusfox consiglia a chi, come lui, pensava di aver trovato la donna per cui morire
Una donna per cui uccidere – Un racconto di Sin City
Di Frank Miller 


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