giovedì 12 luglio 2012

Zeitgeist (meno 1.1 al BigT)




Uno spettro si aggira per il mondo (della creatività).
E' lo spettro del “Ma questo io l'ho pensato X anni fa!”.

Pensateci.
Non vi è mai capitato di riflettere sul fatto che quella serie figa che c'è sul web è 'QuasiUgualeAnziNoèProprioQuelloCheAvevamoPensatoQuandoAvevamo17Anni'?
Non vi è capitato?
A me sì.

In due giorni mi è capitato di
a) guardare QUESTO

(il video è stato rimosso dal web per richiesta di Shueisha sigh! Comunque era un primo espisodio con scontro di divinità ambientato in Sardegna)

b) leggere QUESTO


c) rivedere episodi di QUESTO


E stramaledire, dopo gli inglesi e gli spagnoli (4-0, malditos e malditas las nuestras pippas a cientrocampos...), i giappinghi e il borgataro.

Perché idee simili le avevamo avute già noi.

Ora: non è che sto per fare causa per 'furto' di idea (ma quando mai? E come avrebbero potuto sapere le nostre elucubrazioni da nerd?), né ho la brama di mettere il “ma c'ero prima io” che spesso prende nei commenti ai blog\profili più di moda (quindi non parliamo di questo blog).
No, è soltanto l'occasione per una riflessione sul mondo del fumetto e, più in generale, della creatività.
Perché i tedeschi, che di spettri ne sanno, hanno un nome per le idee che circolano per l'Europa ma che solo quelli più determinati sanno sbatterti in faccia: Zeitgeist, lo Spirito dei Tempi.

Ora, Zeitgeist vuol dire anche una marea di altre cose, ma siccome di tedesco ne so poco, mi piace pensare che la parola qui ci stia bene. Nel mio personalissimo vocabolario, con “Zeitgeist” intendo quelle idee “che sono nell'aria”, di tutti e di nessuno. In attesa di concretizzazione.
Se qualcuno concretizza.
Che arrivano a te, quando hai tanti sogni, direttamente via Iperuranio. E tu, che sei uno sfigato nerdeggiante, ci fantastichi sopra, costruisci, rimandi, finché non le realizza qualcun altro.
Voler raccontare una storia comporta rischi. Sempre. Uno dei principali che ho sperimentato sulla mia pelle quando facevo giochi di ruolo è che per qualcuno (in quel caso io) lo scenario di sfondo può diventare più importante della storia da raccontare. Che finisce per non essere raccontata.

Ora.
Siamo figli del postmodernismo, del citazionismo, dell'-ismo con suffisso variabile. Siamo una civiltà che non riesce a riciclare i propri rifiuti solidi, ma ci riesce benissimo con quelli umani (angolo della demagogia: politici, cantanti, attori, calciatori...) e con quelli spirituali (movimenti culturali, mode, frammenti di testo, idee per film\fumetti\film\video\film...).
Quindi, ad esempio, l'idea di The Big Bang Theory non è che possa considerarsi inaspettata.
Un mondo che più o meno nello stesso anno aveva partorito Man-Thing per la Marvel e Swamp Thing per la DC, come poteva farsi sfuggire il vasto mondo dei nerd?
Nerd guardati con occhio amichevole, per beccarsi il pubblico nerd che ride di sé stesso ma senza farsi male e per avere una identificazione in positivo con i propri “eroi sullo schermo” (come i comici ebrei USA, che spesso sono autoreferenziali alla propria comunità), ma abbastanza “alieno” per attirare quelli che hanno bisogno di avere una “identificazione in negativo” (non sono un nerd come quelli, ma ne conosco un sacco, guarda quanto sono ridicoli!).
OK. Nel 2006, sulla base di una tavola realizzata in uno stile umoristico da un disegnatore che conosco, mi viene in mente di spostare in ambito fumettistico un'idea avuta all'epoca del mio mollamento da parte della mia ex storica (sì, Signor Leopardi, Herr Beethoven e Lord Byron, concordo: un po' di sofferenza fa venire voglia di comporre).
Niente capolavoro, sia chiaro, ma una storiellina carina (tale mi sembra ancora oggi), senza troppi buchi di soggetto, che poteva andare. Tant'è che la presentammo a un rappresentante della Beta Edizioni (la lettera greca è stata modificata per tutela della privacy, come direbbe ZeroCalcare) che ce la segò più o meno senza leggerlo a un tavolo della pizzeria, solo perché nella lettera di presentazione che gli avevamo dato col cartaceo avevamo scritto “progetto per un fumetto” e non “progetto per un libro”. Magari ricordo male e mi scuso nel caso, magari lo ha anche letto e pietosamente non ci ha fatto sapere che provocava effetti collaterali indesiderati (tipo la pizza che prendemmo quella sera). Magari non ha avuto tempo per risponderci. Magari le inondazioni, le cavallette...
O semplicemente, cosa che noi che vorremmo non capiamo, chi è “arrivato” dall'altra parte della produzione non ha voglia di leggersi le decine (?) di cose che le (non “gli”, visto a chi lo presentammo) vengono presentate. Succede. Io leggo i temi dei miei alunni per lavoro, ma non so se leggerei le loro composizioni aggratis. Magari perdo un capolavoro. Magari guadagno dieci minuti della mia vita da dedicare a questo blog.
Sta di fatto che l'idea non ha futuro.
Quindi finisce nel dimenticatoio assieme ai vari progetti che si dovevano realizzare con il disegnatore di cui sopra.

Poi esce The Big Bang Theory. E io a dirmi\dire ad altri amici che erano con me nella fanzine dell'epoca: “Ceeeeeee! Guarda che assomiglia tanto all'idea che avevo avuto! Vita quotidiana di nerd!”.
Poi leggo ZeroCalcare e mi dico\dico agli altri amici etc.: “Ceeeeeee! Guarda che assomoglia tanto all'idea che avevo avuto! Il nerd interagisce con personaggi dell'immaginario collettivo come se fossero veramente reali!”.

Poi vedo “Kam-pi-ooo-niiii” e dico: “Ceeeeee! […] Ma questo è un mix tra l'idea di Antoine su XXXnaan e mia e di Troia Roar sui ZZZmi!” (non ho pezze o un timbro di “visto censura” a disposizione per occultare i titoli degli immortali capolavori)

Emmmavaffangùùùùùùl.
Lo Zeitgeist si era fatto “odorare” da lontano in anticipo, e noi (io) che non abbiamo saputo onorarlo con offerte di realizzazioni, abbiamo perso il treno.
Qualcuno, invece, seppure dopo (o magari prima? Chi lo sa), ha prodotto. E ci ha lasciato la magra consolazione che l'idea funzionava.

Specifico: lungi da me dire che se mi fossi mosso avrei fatto una cosa altrettanto divertente quanto quella di ZC, o spettacolarmente standard come Campione.
Non lo so.
Il vero problema, il vero rischio, è che forse non lo saprò mai. Perché se non si realizza, un'idea fugge. Quello che conta è ciò che fai, non ciò che idei in una notte d'estate (o in anni di limatura che non da' esito).
Perché non conta essere in un ambiente stimolante, fatto di potenziali innovatori, se nessuno si prende la responsabilità di concretizzare i sogni. E' probabile che se uno parte, apre una porta e gli altri seguiranno (vedi il Atene del V secolo, Firenze del Rinascimento, la Francia dell'Illuminismo, la Gran Bretagna degli anni '60...), ma se nessuno parte per primo...
Questo è uno dei rischi del fare fumetto.



Cosa fare dunque, ora?
C'è chi continua a cercare questo spettro nella macchina (o nel nocciolo) e a raccontare sempre la stessa storia perché non ha mai finito di raccontare quella storia come avrebbe voluto.
E chi cerca di far finta di essere in ritardo quando era in anticipo, semplicemente per dire di esserci stato.
Oppure resta un'idea da raccontare da vecchi e stanchi alla locanda, davanti a un quartino di rosso dopo aver maledetto le donne, il tempo ed il governo, esaltando ciò che non è stato.

Uno spettro.

Immagini e links dal Web, qui usati per illustrare lo sfogo.

Nessun commento:

Posta un commento